ðTERMINE:> universale
AUTORE:> Pietro Abelardo (1079 - 1142)
OPERA/E:> Dialectica (edita da V. Cousin); Glosse a Porfirio, Glosse alle Categorie, Glosse al De Interpretatione
(pubblicati da B. Geyer).
N.B.: A. conosce solo una
parte dell'opera logica di Aristotele, e ignora tutto di opere come la Fisica o il De Anima.
FONTE:> Gilson, La filosofia nel Medioevo, La Nuova Italia, p. 336 e sgg
OSSERVAZIONI: >
IL
PROBLEMA DEGLI UNIVERSALI.
(1)
I generi e le specie esistono, cioè designano delle cose realmente esistenti, o
dei semplici oggetti di intellezione ?
Gli
u. esistono "in intellecto solo et
nudo et puro"; tuttavia essi significano degli esseri reali, e cioè le
cose stesse particolari che i termini particolari designano. Dunque: la sola realtà significata dai termini
generali è quella che significano i termini particolari. Non c'è più in
"uomo" che in "Socrate", piuttosto di meno (quando pensiamo
il generale siamo nel vago; di tutto ciò che non hanno toccato con i loro sensi
gli uomini hanno più opinione, opinio,
che conoscenza. ESEMPIO : quando immaginiamo una città di cui ci hanno
parlato, ma che non abbiamo mai visto, che sorpresa ci attende il giorno in cui
la vediamo la prima volta!
A.
non si colloca sulla linea ideale che collega Aristotele a Tommaso d'Aquino,
piuttosto su quella che collega la grammatica speculativa a Guglielmo
d'Ockham).
(2)
Gli universali sono corporei o incorporei ?
Come
nomi, sono corporei, poiché la loro natura è quella di parole pronunciate, ma
la loro attitudine a significare una pluralità di individui simili è
incorporea. Essi sono "incorporea
quantum ad modum significationis".
(3)
Gli universali esistono nelle cose sensibili o al di fuori di esse ?
A.
ritiene di poter conciliare Platone e Aristotele.
In
quanto designano le forme dei corpi, gli u. esistono nei sensibili. Ma in
quanto le designano come separate dai sensibili per astrazione, essi sono al di
là del sensibile.
(4)
Gli universali sussisterebbero ancora senza individui corrispondenti ?
Come
nomi significanti gli individui essi cesserebbero di esistere, poichè non
avrebbero più degli individui da significare; tuttavia i loro significati
sussisterebbero ancora, perché anche se non ci fossero più rose, si potrebbe
ancora dire: la rosa non esiste.
N.B.
: A. non contestava l'esistenza in Dio delle Idee propriamente dette (p.349).
Non
è la realtà in sé delle Idee di Platone che A. attacca, ma la realtà
dell'universale del genere nelle sue specie, o dell'universale delle specie
negli individui.
[
Infatti, l'u. è ciò che si può predicare di parecchie cose, ma: ogni cosa non è
che se stessa e ciò che essa è; non si può perciò predicare di parecchie altre.
Non potendo essere attribuita alle cose, questo tipo di universalità va
attribuita alle parole, che i grammatici distinguono in termini universali (che si predicano di una pluralità di individui,
presi uno per uno, ai quali esso si applica in ragione della loro natura ) e termini singolari o particolari. L'universalità
non è dunque che la funzione logica di certe parole (p. 343).]
Per
parlare con proprietà, un'idea è l'atto unico e semplice per cui un intelletto
si rappresenterebbe distintamente la pluralità di individui contenuti in una
specie o in un genere.
Ma
questa, osserva il grammatico Prisciano, è la conoscenza che Dio ha delle cose.
E'
vero che gli artigiani hanno l' "idea" di ciò che stanno per fare.
Concependo in anticipo l'oggetto che si propongono di produrre, essi lavorano
seguendo questo modello, che passa per così dire nel corpo stesso dell'oggetto
fatto a sua somiglianza.
Si
tratta però di oggetti artificiali, non di esseri naturali, di cui Dio ha le
Idee perché egli li causa.
Per
questo, noi abbiamo delle cose, che non causiamo, soltanto immagini di origine
sensibile.